domenica 4 maggio 2014

Il Giro d'Italia Letterario a Ferrara con "Gli occhiali d'oro" di Giorgio Bassani

UN GIRO D'ITALIA LETTERARIO INIZIATO QUI
e che mi ha portato al mio autore preferito: Bassani
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"Giro d'Italia Letterario gruppo di lettura che si snoda lungo le regioni del nostro Paese..." così recitano le Informazioni che caratterizzano il  Gruppo Segreto di Lettura approdato anche  su Facebook
Adattissima la citazione Cada um de nós é vários, é muitos, é uma prolixidade de si mesmos.(Fernando Pessoa)   della curatrice del Blog da cui tutto è cominciato...  

Se una notte d'inverno un lettore...

  che ha dato l' input a questa bella avventura !!!


OTTAVA TAPPA 27 aprile- 3 maggio - Emilia Romagna- Giorgio Bassani: Gli occhiali d'oro
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Il romanzo Gli occhiali d'oro affronta una delicata analisi del tema della diversità, “l’inversione sessuale” e il conseguente isolamento.
Athos Fadigati, originario di Venezia, ha conseguito una solida carriera a Ferrara come otorinolaringoiatra, con uno studio molto ben avviato, meta delle famiglie più in vista della città. Piuttosto in carne ed elegante, con gli occhiali d'oro scintillanti, è omosessuale: ben presto la comunità provinciale lo viene a sapere, ne accetta la novità, in virtù dell'estrema discrezione e signorilità del personaggio.
L'io narrante del racconto - anno  1936- , è Davide Lattes, un giovanotto che frequenta l'Università di Bologna e ogni mattina, insieme con i suoi colleghi, prende il treno locale che da Ferrara li porta appunto a Bologna. Anche Fadigati sale su quel treno, e in breve si trasferisce dalla seconda alla terza classe, rompendo il ghiaccio con i giovani e diventando loro amico. Fra i ragazzi c'è Eraldo Deliliers, spavaldo, atletico, bellissimo, un po' bullo e un po' maudit: egli è l'unico che prende gusto nel ferire Fadigati con allusioni assai pesanti al suo «vizio», umiliandolo n tutti i modi. Il narratore registra però nel dottore una sorta di acre piacere, di acuto godimento nell'essere maltrattato dal bel giovane, tanto che una «luce assurda ma inequivocabile di una interna felicità» gli brilla negli occhi. 
La vicenda si sposta a Riccione, dove il colpo di scena è dato dalla nuova, «scandalosa» amicizia tra Fadigati e Deliliers, ospiti entrambi in una camera del Grand Hòtel. Il ragazzo, che lo provocava così brutalmente, ha deciso di farsi mantenere dal dottore attratto  da lui. Lo scalpore è grande, l'offesa al decoro intollerabile: in particolare la signora Lavezzoli, amica di famiglia dei genitori del narratore, rappresenta la figura della provinciale offesa e ipocrita, peraltro all'occasione antisemita. La villeggiatura di Fadigati si fa così sempre più atroce e umiliante, sia per le frecciate che gli vengono dalla Lavezzoli, sia per i tradimenti e gli abbandoni dell'inquieto e brutale Deliliers. Infine questi se ne va, derubandolo quasi di tutto: ma l'infelice dottore non vuole assolutamente denunciare il furto. 
Il ritorno a Ferrara dalle vacanze coincide con l'inizio della campagna antisemita, preannuncio delle leggi razziali. Il narratore confessa il disgusto  crescente per la società ipocrita e spietata dei cattolici, dei goìm ( non Ebrei), e rivede Fadigati, ma non accoglie il suo consiglio di non rispondere all'odio con l'odio. Il mistero di Fadigati è ancora davanti a lui, il mistero di chi trova nell'umiliazione un premio assurdo, ferocemente gaudioso. Tuttavia anche il dottore è alle strette: circondato dall'ostilità generale prende a odiare se stesso, non si perdona il ridicolo in cui è di sua volontà caduto: concluderà la sua vita suicidandosi nelle acque del Po.
Il narratore scopre poco a poco una dimensione di affinità tra la sua emarginazione, legata alla razza, e quella di Fadigati, dovuta alla sessualità. Lo scenario storico è ben presente.
Con le nebbie e le piogge dell’inverno Fadigati non reggerà alla solitudine e all’ostilità e preferirà scomparire tra le acque del Po. Dall’ipocrita stampa locale neppure il suicidio verrà riconosciuto come tale: argomento troppo scabroso come la sua diversità.

....A BEN VEDERE

“Gli occhiali d’oro” di Bassani,  punto di svolta

Romanzo breve pubblicato nel 1958 è  entrato poi a far parte de Le storie ferraresi, mentre Gli occhiali d'oro rappresenta un punto di svolta nel percorso letterario di Giorgio Bassani  per la dimensione narrativa più estesa rispetto alle prove precedenti: Infatti fino ad allora lo scrittore aveva sempre privilegiato la misura del racconto oppure direttamente il "versante" lirico ,  cui corrisponde la scelta di un io, protagonista e voce narrante, che non si limita più a descrivere ambienti, personaggi, fatti , ma è coinvolto direttamente nella vicenda, seguendo la linea della sua urgenza di cercare un rapporto più diretto con il mondo esterno.
 
Secondo romanzo del ciclo dedicato a Ferrara, “Gli occhiali d’oro”, edito nel 1958, narra la storia di due emarginazioni parallele che poco a poco s’incrociano, in un preciso contesto storico, per avere poi un diverso epilogo.
L’argomento dell’omosessualità – non usuale e ancora circondato da molti pregiudizi in quegli anni – viene affrontato con eleganza e levità, partecipazione umana, ma non complicità.
Ferrara, città di provincia, chiusa e perbenista ormai è stata delineata nelle “Storie”, è tutta presente e costituisce il palcoscenico di un approfondimento dell’analisi bassaniana.
Questo romanzo breve e intenso, porta la  novità nella narrativa di Bassani: la presenza dell’io narrante. Gli eventi non vengono più visti da fuori come nelle “Storie”, ma dall’interno, sulla scia della memoria del giovane studente ferrarese di Lettere, che ha conosciuto Fadigati, ha assistito alla sua vicenda e si è riconosciuto, in quanto ebreo, nella stessa solitudine ed emarginazione. Al suo ritorno a Ferrara dopo le vacanze il giovane si sente osservato, un intruso. “Tutto mi disturbava, tutto mi feriva”. (p.128)

Il suo migliore amico Nino Bottecchiari, che si proclama ottimista, dice che è impossibile distinguere in città tra ebrei e ariani, visto che molti ebrei hanno aderito subito al fascismo e costituiscono il nerbo della borghesia cittadina. Proprio Nino accetterà di far carriera nel partito e il narratore sente nascere “l’antico, atavico odio dell’ebreo nei confronti di tutto ciò che fosse cristiano, cattolico: goi, insomma”. (p.134)
Ha oscuri presentimenti: “In un futuro più o meno lontano, loro, i goìm, ci avrebbero costretti a vivere di nuovo là, nel quartiere medioevale da cui, in fin dei conti, non eravamo usciti che da settanta, ottanta anni. Ammassati l’uno sull’altro dietro i cancelli come tante bestie impaurite, non ne saremmo evasi mai più”. (p.134-35)

Bassani, come nelle “Storie” va scandagliando il personaggio ebreo e lo fa soprattutto quando le due storie – di Fadigati e del narratore – s’intersecano: allora si chiede come sia iniziato l’isolamento degli ebrei e, nello stesso tempo, indaga la progressiva emarginazione di Fadigati, il suo essere vittima, ma anche una sua forma di masochismo, di servilismo per cui sembra godere dei maltrattamenti. E se l’incapacità di ribellione fosse, nel profondo, alla base del sopruso subito?


 
L’ultimo dialogo tra Fadigati e il narratore mostra la differenza tra i due.
L’incontro è avvenuto nei sobborghi,una cagna li ha seguiti:

 “«La guardi», diceva intanto Fadigati, indicandomela. «Forse bisognerebbe essere così, sapere accettare la propria natura. Ma d’altra parte, come si fa? È possibile pagare un prezzo simile? Nell’uomo c’è molto della bestia: eppure può, l’uomo, arrendersi? Ammettere di essere una bestia, e soltanto una bestia?»
Scoppiai in una gran risata. «Oh, no», dissi «Sarebbe come dire: può un italiano, un cittadino italiano, ammettere di essere un ebreo, e soltanto un ebreo?» Mi guardò umiliato. «Comprendo cosa vuol dire», disse poi. «In questi giorni, mi creda, ho pensato tante volte a lei e ai suoi. Però, mi permetta di dirglielo, se fossi in lei…»
«Che cosa dovrei fare», lo interruppi, impetuosamente. « Accettare di essere quello che sono? O meglio: adattarmi ad essere quello che gli altri vogliono che io sia?» «Non so perché non dovrebbe», ribatté dolcemente. « Caro amico, se essere quello che è la rende tanto più umano (non sarebbe qui in mia compagnia, altrimenti!), perché rifiuta, perché si ribella?” (pp.147-48)

Fadigati non si sopporta e non si accetta più; ben diverso il giovane: 

“in quel momento, ero certo che non sarei mai riuscito a rispondere all’odio altro che con l’odio”. (p.148)

Il narratore non accetta quella sottomissione che altri volevano da lui, ma risposte definitive alle sue domande non ci sono, il dubbio rimane: sono i ferraresi a ricacciare gli ebrei nel ghetto, facendo rinascere l’antico odio, o quest’ultimo si era solo assopito e le circostanze storiche lo fanno rinascere?

“Il senso di solitudine, che mi aveva sempre accompagnato in quei due ultimi mesi, diventava, se mai, proprio adesso, ancora più atroce: totale e definitivo. Ma con questo? Che cosa volevo? Che cosa pretendevo, io?” (p.166)

È la stessa domanda che ricorre nelle “Storie”, alcuni personaggi delle quali sono  nominati come il dottor Corcos e soprattutto i Finzi-Contini, vero emblema di una parte separata della società ebraica, rinchiusi nella loro casa nobiliare. A questi aristocratici eleganti Bassani dedica un piccolo cammeo che costituisce il viatico per il suo successivo romanzo e capolavoro, “Il giardino dei Finzi-Contini”.
 

LO STILE



Bassani è un scrittore tradizionale, legato allo scrivere “corretto” tipico italiano. Prima lo stile, l’eleganza, poi il contenuto che, essendo “prigioniero” dell’eleganza non può che essere allineato con un certo ordine di idee e di concetti. Bassani  ed il  suo calligrafismo  agile, intelligente, anche se a volte  carico di compiacimento estetico come ne  “Gli occhiali d’oro”.
 

Giorgio Bassani, Gli occhiali d’oro, Milano, Oscar Mondadori 1980. Introduzione di Luigi Baldacci.







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