martedì 8 luglio 2014

30 SETTIMANE DI LIBRI..25° LETTURA..UN LIBRO TRA LE MANI: ZONA DISAGIO - FRANZEN




 
Dopo aver letto di Freedom di Jonathan Franzen, Einaudi -  libro di cui ho fatto un commento QUI-, col tempo mi sono appassionata a recensioni, articoli, segnalazioni sull'argomento ed ho deciso di leggere Zona disagio. Scelta saggia perché il libro è anche una sua autobiografia. Non che sia una storia cronologicamente e ordinatamente narrata della sua vita, ma piuttosto un percorso, attraverso varie questioni – la vendita della casa dei suoi genitori, l’apprendimento della lingua tedesca, la sua passione per il bird watching, le meravigliose striscie dei Peanuts - in cui passato e presente si intersecano, vi sono ampie e profonde digressioni su fenomeni culturali della società americana , ricordi insieme a poesie e altre opere letterarie.


La sua vita da nerd ( maniaco della tecnologia un po' anni '80) che tenta la redenzione dalla “morte sociale” negli anni dell’infanzia e adolescenza, è una parabola abbastanza comica e sgangherata, con sorprese che non ci si aspetta. Franzen ha una scrittura sapientemente controllata, densa: di informazioni, di entusiasmo, di passione, di contenuti e scoperte. Ad ogni pagina, sai qualcosa in più  dell’autore e leggendolo si impara qualcosa del Faust, su Mutton, imprevedibile figura dell’associazionismo cattolico americano, qualche aneddoto sulla vita di Charles Schulz e anche innumerevoli specie di volatili le cui differenze di piume e versi possono affascinare molte persone. E proprio per l’abbondanza di informazioni, si dice che Franzen sia uno scrittore massimalista e pure strambo .
Con Franzen  si passa attraverso un insieme di emozioni e informazioni, anche se il percorso di lettura è estenuante. All’inizio, la lettura di Zona disagio ha provocato in me una attrazione subitanea, con il desiderio di leggerlo senza fare pause e con il compiacimento nel ripensare ad alcune sue parti:  si scoprono cose nuove ma ad un certo punto, improvvisamente, circa a metà, ci si accorge che, comunque, è complicato …
Non perché il libro piaccia di meno o si sia rimasti delusi da qualche parte che si è letta, ma perché le cose di cui tenere conto sono tante, importanti, interessanti, e tenere il filo di tutto nel modo giusto è complesso. 


.....un libro che si fa amare,  il cervello associa rapidamente qualcosa relativo alla sfera affettiva;  lo stesso Franzen mostra un esempio di come possono diventare complicate le cose belle parlando dell’empasse che ha vissuto nel suo matrimonio.Il libro è quella zona della memoria, del cuore, in cui ci sono i nostri ricordi, che provocano una strana sensazione tra imbarazzo e malinconia ed anche un certo senso di disagio come libro di memorie, un bestseller man.
Franzen attrae perché sa raccontare storie che parlano da sé, che mostrano al lettore un mondo, una società, un’identità, quella middle class statunitense che si avvia lentamente al declino, in cui riconoscersi. Un’umanità disumana per quanto è vera, quotidiana e semplice, tratteggiata con il rigore letterario, lo sguardo acuto e un linguaggio asciutto, egli sa far ridere con ironia sottile e sa far piangere per il rammarico verso se stessi.
Verità chiare,  personaggi verosimili tanto da sembrare che stiano per saltar fuori dalla pagina al punto da sembrare irreali, e drammaticamente fedeli alla realtà. Quella realtà a cui Franzen guarda con disincanto e meraviglia, ma soprattutto con la voglia di ricrearla, attraverso i suoi libri, unico artefice dei suoi mondi che sono innanzitutto una via di fuga dalla realtà. ...un  tentativo, ormai quasi sovrumano, di rimanere “umano”.

"[…] le proiezioni della gente sui personaggi noti sono solo questo: proiezioni. Io ambisco a restare un essere umano, che magari lascerà qualcosa di interessante stampato su una pagina"

CHI E' FRANZEN scrittore che ha messo a nudo le nevrosi della middle-class americana ???...


....un adolescente di quarantasette anni ancora indeciso tra la parte dello scrittore brillante di oggi, e quella del secchione con gli occhiali spessi e il sorriso timido che era ieri; egli può considerarsi un esperto in materia di adolescenza: malattia che secondo lui, segnala come sintomo principale quell' imbarazzata consapevolezza di sé che è il contrario della disinvoltura. Ora, immaginiamocelo alle prese con l'unire questa self-consciousness adolescenziale con la sensazione che qualunque momento si stia vivendo, anche significativo, non è mai «la vera storia», che la vita vera debba sempre ancora cominciare, «una crudele mistura di consapevolezza e irrilevanza, un senso di vuoto interiore, che basterebbero da soli a spiegare il motivo di tanta rabbia...infatti ...Ma quando comincia la vera storia?» si chiede nel libro questo scrittore la cui vera storia, è cominciata quando tutto d' un colpo, a quarantun anni, è diventato grande e allo stesso tempo ricco, celebre e ammiratissimo, grazie a uno dei romanzi più perspicaci e ambiziosi del nuovo secolo, Le correzioni.

INTERVISTATOLO …MI HA OFFERTO UNA TAZZINA DI CAFFE'...



- SI SENTE ANCORA UN IMBRANATO ?

- Quasi ogni giorno ringrazio di esser diventato l' adulto che speravo di diventare quando avevo diciassette anni. Rinforzo le braccia in palestra; sono ormai piuttosto bravo con gli attrezzi. Ma allo stesso tempo, quasi ogni giorno perdo la battaglia col diciassettenne che vive ancora dentro di me. Mangio mezza scatola di cereali per pranzo, faccio abbuffate di televisione, esprimo schiaccianti giudizi morali, giro per la città con i jeans strappati, bevo martini di martedì sera... Faccio finta di essere immortale.

- CHI GLIELO HA FATTO FARE DI SCRIVERE UN LIBRO DI RICORDI?

- Zona disagio, è certamente un memoir e ora che mi trovo nel mio appartamento nell' Upper East Side a preparare caffè per due, posso dire che me lo ha fatto fare il diavolo . Pura smania di scrivere qualcosa di diverso dalle Correzioni, in cui avevo messo dentro così tanto che alla fine mi sembrava di aver fatto a pezzi anche la scrivania per cacciarla nella stufa».

- VI SONO CONTAMINAZIONI CON CORREZIONI?

-Saranno contenti gli appassionati di quel mio romanzo ironico sul caos della nevrosi in una media famiglia disfunzionale americana, di scoprire che il nuovo libro contiene molti semi delle Correzioni. Ad esempio la figura del padre rigido e gran lavoratore che con l' età perde la ragione, e della madre casalinga con aspirazioni borghesi come abitare in un quartiere «giusto», che sono l' evidente modello per Alfred Lambert e sua moglie Enid, la quale, nel suo «giusto» sobborgo di una città del MidWest, continua instancabile fino alla fine a pianificare il perfetto Natale di una famiglia americana.


- COSA RACCONTANO I SEI CAPITOLI DI ZONA DISAGIO?

Mia madre è morta circa un anno prima che terminassi Le correzioni ed è stato come svegliarmi una mattina e trovare recisi tutti i fili che mi legavano a ciò che ero stato. Modi di pensare, valori, principi. Ai miei genitori piccolo borghesi non rimanevano molte scelte, una volta pagati i conti, eppure parlavano sempre di cose come rendersi utili agli altri, servire la società, avevano coscienza di essere parte di un tutto. Poi io improvvisamente ho fatto una conquista, nel senso che ho scritto un libro di cui potevo andare orgoglioso. E ho pensato di aver dato il mio contributo all' avanzamento del romanzo americano. La storia che racconto nei sei capitoli di Zona disagio (morte della madre, boy scout, imparare il tedesco, Peanuts, bravate liceali, birdwatching e fine del matrimonio), è quella di un' infanzia protetta dalla Guerra Fredda e dalla famiglia mononucleare che ancora non si era polverizzata nella cultura del divorzio. Ed è anche la mia storia di un ragazzino con gli occhiali di corno e la voce stridula, con una paura blu delle ragazze, un laboratorio di chimica in cantina e una padronanza di vocabolario impressionante, anche se ero in imbarazzo perché non conoscevo o non volevo conoscere il mondo delle donne.


-E' COME SE NEL SUO LIBRO VOLESSE SPOGLIARE L' ADOLESCENZA DELL'ABBELLIMENTO?

- Sono pronto ad alzare la mano e ad ammettere di esser stato un piccolo ego maniaco. Penosamente e perennemente preoccupato di nascondere la mia inadeguatezza. E invece in questo Paese ti dicono cento volte al giorno che la cosa migliore della vita è essere adolescenti. Ti chiedono: chi si diverte più di un sedicenne o di un ventenne? Quando invece la vera domanda è: chi ha più potere d' acquisto? Tutto il marketing in America si rivolge a loro.

QUESTO ATTEGGIAMENTO DANNEGGIA?

- Credo che questo atteggiamento danneggi gli adolescenti di oggi. Almeno negli anni 60 e 70 si è avuto il lusso di sapere che gli adolescenti non contavano niente. L' America era un Paese adulto, e si poteva fare qualunque corbelleria, perché non importava. Ora devi apparire in un certo modo...devi essere uguale alla pubblicità, se no è un problema. Che peso sulle spalle dei ragazzi!

- ANCHE NOI PERO' ERAVAMO CONFORMISTI, NON BISOGNA DIMENTICARLO


- No, certo, ma almeno il nostro conformismo non era dettato dalle agenzie di pubblicità della Apple Computers. Oggi penso che il regalo più grande che si possa fare a un diciottenne è dirgli poverino, lo sai che sei un po' ridicolo? Quanto a me, posso esser stato felice e ingenuo ma ero ridicolo e testardamente irragionevole. Ecco cosa ho scoperto, scrivendo questo libro: il me stesso ridicolo, testardo e irragionevole che mi sono sempre portato appresso. Riconiscerlo è una vittoria.



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